Gent.mi,
al
nostro terzo appuntamento sugli spunti emersi il 14/11/19 nel convegno romano “Autonomia,
parità e libertà di scelta educativa”
vorrei soffermarmi con voi sul Tema disabilità trattato nella tavola rotonda
dall’Agesc, occasione per fare un passo avanti che definirei Operazione
Responsabilità.
Una
recente inchiesta di Report (clicca per il servizio) ci
interpella riguardo al senso civico necessario per dare voce ai genitori che
ogni giorno si sentono raccontare che la scuola italiana è per antonomasia “la
più inclusiva perché ha eliminato per prima le scuole speciali” (come
dichiarava sabato u.s. (30/11) un ospite di Tv Talk). La stessa rete RAI 3
qualche giorno prima denunciava i numeri impietosi di un sistema scolastico
incapace di includere. Mentre si afferma si nega: ne siamo così abituati da non
farci neanche più caso. Ma mentre ci si abitua si è conniventi con una serie di
ingiustizie che potremmo bloccare e sanare. Qui il ruolo indispensabile dei
cittadini al servizio della Societas in modo maturo.
Alcuni
giorni fa ero ad un convegno presso l’Istituto dei ciechi di Milano e una
signora raccontava che spesso, al semaforo, si imbatte in “buonisti
benefattori” che hanno deciso di fare una buona azione quel giorno (incuranti
se è ciò che serve al beneficato…) e quindi l’aiutano ad attraversare. Il
benefattore si sente soddisfatto; il non vedente grato che, nonostante non abbia
fatto da sé ciò che poteva fare tranquillamente (parliamo di una non vedente
che gioca a rugby e fa tiro con l’arco…), dice a se stesso: “Vorrà dire che
oggi ho aiutato qualcuno a sentirsi più buono.”
Un
aiuto inutile, non richiesto, ma soprattutto finalizzato all’auto-assoluzione….
Sarebbe
interessante chiedere a quel benefattore se sa bene di cosa avrebbe
bisogno un bambino non vedente oggi a scuola, lo stato d’animo dei genitori
di un bimbo disabile che si sentono raccomandare dalla scuola di tenere il
figlio disabile a casa perché manca il docente di sostegno…
Questi genitori non lavorano? Di solito mantenere un figlio disabile costa di
più. E che futuro avrà quando è proprio la tv nazionale a dirci che mancano più
della metà dei docenti di sostegno necessari per i 270 mila allievi disabili?
Quel
benefattore sarebbe disposto a domandare come vengono spesi i soldi dei
cittadini se,
a fronte di 20 mila euro destinati, il risultato è la carrozzina parcheggiata?
Se poi la famiglia vira verso la scuola paritaria (si sa, è più inclusiva,
fosse solo per quel minimo di carità cristiana), il docente se lo deve pagare
in autonomia, o lo devono pagare le altre famiglie oppure la scuola, che di
conseguenza è costretta a chiudere. Le famiglie che frequentano le scuole
paritarie, in un principio di sussidiarietà al contrario finanziano lo Stato
italiano con 6 miliardi di euro annui e con l’80% di personale laico non
possiamo dire essere “le scuole dei preti e delle suore”. Ammesso e non
concesso che la cosa sia un male.
Il
cittadino ha bisogno di chiarezza ma soprattutto di pensieri logici; non ci si
senta legittimati ad alimentare la discriminazione attraverso la confusione. Molti passi ormai sono
compiuti non si può interrompere il percorso. In un recente convegno è scesa in
campo Giusy Versace (mi perdonerà una disabile alla quale tanto è stato tolto,
molto ha ricevuto, ancor di più dona) (clicca qui per leggere); ed
io, tu, noi? Dove siamo?
OPERAZIONE
RESPONSABILITA’
Oggi
3 Dicembre: Giornata internazionale delle persone con disabilità (clicca qui per leggere)
La
scuola italiana, grande questione irrisolta. Fra deficit finanziario della
scuola pubblica statale e mancato riconoscimento effettivo della parità per le
scuole pubbliche non statali, Report del 25 Novembre 2019 affonda il coltello e
scoperchia le inefficienze ministeriali. I numeri emersi sono impietosi.
“Secondo
l'Istat, gli studenti con disabilità sono 270 mila: il 3,1% degli iscritti
nelle scuole italiane. Ad accompagnarli nel percorso formativo c'è l'insegnante
di sostegno, una figura necessaria a garantire l'inclusione scolastica. Ma i
docenti di ruolo sono solo 100 mila e non bastano a coprire le esigenze. Così,
a settembre le classi sono scoperte e le famiglie sono obbligate a rivolgersi
ai giudici: è il Tar a raddrizzare la situazione, costringendo il Ministero a
provvedere. Il Miur con una deroga nomina d'urgenza oltre 60 mila supplenti. Ma
il diritto all'istruzione viene così garantito? E questo sistema emergenziale
quanto pesa sulle casse dello Stato?” (qui tutti i dati)
Walter
Miceli, legale del sindacato Anief, ha svelato agli italiani una realtà
molto diffusa negli istituti scolastici italiani: “I genitori portano i propri
figli disabili a scuola e non trovano l’insegnante di sostegno, a questo punto
si rivolgono al Tar o al giudice ordinario, spesso addirittura invitati dallo
stesso dirigente scolastico che dice loro per avere l’insegnante di sostegno
devi fare ricorso”. Le famiglie che si rivolgono alla magistratura vincono nel
cento per cento dei casi e il Miur è costretto a nominare i precari.
Il
legislatore riconosce il diritto, lo Stato deve garantirlo altrimenti a che
serve riconoscere un diritto? Qui scende il campo il cittadino responsabile che
denuncia, combatte e smaschera l’ingiustizia. Non c’è più spazio per quella
confusione che legittima l’inerzia politica e alimenta la discriminazione. Il
re è nudo, il cittadino consapevole chiede conto allo Stato, alla politica, al
Ministro:
Per
quale ragione si assiste inerti ad un sistema scolastico italiano (l’unica
grave eccezione in Europa accanto alla Grecia) classista, regionalista,
discriminatorio, di scarsa qualità perché iniquo?
Lo
Stato Italiano deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona, oggi li pone e li alimenta.
Si
impedisce l’integrazione del disabile, si condannano i docenti ad un precariato
infausto ledendo la professionalità, si privilegia il ricco permettendo solo a
questo di scegliere e si condanna il povero ad accontentarsi?
Secondo
il Ministero non è un questione di soldi… Allora di cosa si tratta?
E’
stato ampiamente dimostrato che la soluzione di diritto, di economia, c’è. A
ben vedere non
ci sono ostacoli politici (considerata la convergenza da destra a sinistra … a turno al
governo) e la soluzione fa un gran bene anche all’economia (con una migliore gestione
delle tasse dei cittadini).
Si
garantisca l’autonomia alla scuola pubblica statale e la libertà di scegliere
senza costi aggiuntivi la scuola pubblica paritaria, consentendo ai genitori
l’esercizio della loro responsabilità educativa in modo libero, in un sistema
pluralista e di qualità, attraverso i costi standard di sostenibilità. Il
tema è stato al centro, nelle scorse settimane, di un ampio dibattito, che ha
visto esprimersi figure trasversali a sostegno di un confronto serio sul
pluralismo educativo (clicca qui per leggere).
Purtroppo,
oggi, nel nome di una finta equità, si perpetra un sistema che porta
inevitabilmente la scuola italiana ad essere classista: chi può permettersi di
pagare manda i propri figli in una scuola migliore. Sulla scuola continua a
consumarsi uno scontro fra l’ideologia e la razionalità di chi sa che per
venire a patti con la realtà bisogna fare i cosiddetti “conti della serva”. A
sfigurare il dibattito è ancora spesso il conflitto generato da una visione che
identifica la scuola paritaria con la scuola privata ed elitaria, anziché
concepire il servizio pubblico come quello che garantisce un’effettiva parità
di accesso a tutti i cittadini secondo eguali diritti. In Italia, il sistema
scolastico è egualitario sulla carta, ma nei fatti non rimedia le differenze di
partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le
rinforza. Col risultato paradossale che, alla fine, abbiamo effettivamente un
sistema scolastico elitario.
Si
segnala un recente intervento dei genitori dell’AGesc su Avvenire “Il
diritto all’istruzione? Ecco perché ha bisogno della libertà di scelta
educativa”. Sarebbe utile una riflessione, da parte di tutte le
Istituzioni, sulla via suggerita dall’Ocse di finanziamenti mirati alle
famiglie più povere, o un’attenta valutazione di proposte, come quella
contenuta nel documento della Cei relativa alla determinazione di un «costo
standard di sostenibilità per allievo». «Intendiamo – sottolinea il presidente
dell’Agesc Frare – tornare a chiedere per i genitori la piena libertà di scelta
in campo educativo, che la legge 62/2000 non è riuscita ancora a risolvere» (clicca qui per leggere).
Grata
per aver scelto di leggere sino in fondo e dell’aiuto di condivisione che può
contribuire ad impedire che la confusione legittimi la discriminazione.
Alla
prossima con i più cari saluti
sr
Anna Monia Alfieri
Nessun commento:
Posta un commento